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NEL PARCO DELLA CASA LE TESTIMONIANZE DI VITA


L’eredità di don Tonino: un impegno per l’inclusione



Lo sfondo della facciata e dell’ingresso alla CASA, con la scalinata di accesso secondo lo stile delle ville rurali ottocentesche dell’agro di Ruvo, in un tramonto che illumina la scena, come in un fondale di teatro, con i raggi che filtrano attraverso i maestosi pini che chiudono lo spazio della platea. Un’atmosfera carica di attesa per un evento poco celebrativo, ma pieno di rievocazioni e di richiami all’uomo, ai suoi problemi ed alle responsabilità di tutti. Al centro don Tonino Bello, la sua opera, il suo farsi carico dell’umanità e delle sue fragilità, la sua presenza nella Comunità. Ne sono testimoni Nichi Vendola, Mons. Luigi Martella, Guglielmo Minervini e don Luigi Ciotti. I saluti istituzionali di Mario Volpe, vice prefetto di Bari e del sindaco Vito Ottombrini; gli interventi programmati sono di Carlo Bruni, regista, Filippo De Bellis, Comunità Cipparoli, e Gianpiero Losapio, OASI 2 e presidente nazionale U.E. Coop. In una platea attenta e silenziosa sono risuonati i toni forti e vibranti dei ricordi e dei richiami che hanno fatto vivere don Tonino al centro della Comunità, per richiamare la sua “eredità e l’impegno per l’inclusione sociale degli ultimi”. 
Tante le riflessioni e provocazioni che hanno fissato, come pillole di impegno e speranza, il cammino della Comunità, a trent’anni dalla fondazione, per il futuro da costruire e rafforzare. Quasi tutte citazioni del pensiero e della vita di don Tonino, sono risuonate le parole di sbilanciamento, l’unica condizione per essere liberi e per essere protesi verso gli altri; libertà che significa essere liberi dal bisogno per liberare la libertà delle persone. Paradossale ma concreto l’invito di Nichi Vendola, pronunciato all’avvio del processo di beatificazione: “non fatelo santo”, per non allontanare don Tonino dalla terra e dagli uomini, che non devono considerarlo quasi sospeso fra le nuvole, in una nicchia di altare, non più umano e vivo, ma abitante di un altro pianeta, irraggiungibile. E’ stata richiamata l’espressione “Cristo non sconfitto sulla croce, ma confitto alla croce per condividere sofferenze e lotte”; “non imporre mai il Vangelo, ma mostrare le opere evangeliche nella vita quotidiana” … specie le cure per gli umili che, anche se sporchi, poveri e malati, sono una risorsa e l’immagine di Dio. Gli umili chiamati come “i primi”. Nella riflessione di Vendola c’è anche spazio per la parola, le molte parole che devono essere messe in atto, con coerenza e determinazione. Spesso ascoltiamo espressioni come: “sono indignato, è incivile…” E poi?; cosa si fa per dare seguito all’indignazione, per restituire dignità alla persona, anche se tossicodipendente, anche se povero? Chi ha sbagliato, dove sono le cause e le colpe, perché ha sbagliato? 



Nella Comunità, che ha reso vivo e presente don Tonino, nel luogo al quale era più affezionato e dove amava trascorrere intere giornate di azione e preghiere, si cerca di offrire un aiuto diretto e sincero a chi ha sbagliato. Messaggio applaudito più volte dai presenti. Il Vescovo, presidente dell’Associazione, ha ricordato ai presenti il drammatico bisogno dell’inclusione sociale dei soggetti in cura, al termine del percorso di recupero. Vibrante la testimonianza di Carlo Bruni che ricorda il “volontariato senza tornaconto” di chi è vicino agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. 
Il richiamo di don Ciotti al valore della cultura apre e chiude il suo messaggio. Tanti ricordi di studi, progetti e incontri (fra gli altri a Verona, Seminario per l’America Latina), saldati da una profonda amicizia e condivisione di scelte. La cultura delle statistiche ci ha consegnato solo numeri, grandi numeri di povertà, di miserie, ma non ci hanno raccontato le vere storie, i volti dei sofferenti, degli impoveriti, degli affamati, delle guerre e dei disastri; solo numeri. Si parla di pace ed intanto si continua a costruire armamenti. Quanti sono disposti ad ammettere i propri errori? L’accostamento inevitabile e suggestivo è quello fra il papa Francesco e don Tonino. Don Ciotti, testimone della commozione di papa Francesco a sentir parlare di don Tonino, ma anche profondamente commosso lui stesso, quando si è seduto nella macchina di don Tonino, per raccogliersi in preghiera, quella macchina che don Tonino ha lasciato in eredità alla CASA e che guarda dal centro del viale tutto il territorio della Comunità. Quell’auto che, ricorda don Ciotti, don Tonino guidava … senza temere il pericolo, per raggiungere le persone “ultime”. Non manca il monito di don Ciotti alla classe politica: dopo il successo elettorale ora è tempo di impegnarsi concretamente, per mantenere le promesse e affrontare i problemi dell’emarginazione, degli abbandonati, degli umili. Ma non bastano le etichette, non servono gli slogan, la solidarietà è una spinta forte ad alzarsi, ma anche a muoversi tutti insieme. 
Si ritorna al tema della cultura, quella vera. “Se trovate qualcuno che dice di sapere tutto, salutatemelo…” Si sta sprecando la sapienza degli anziani, il rapporto tra le generazioni che arricchisce la convivenza umana. Anche la democrazia è una parola tanto abusata e trasformata in etichetta, ma di democrazia ce n’è davvero poca. Si tratta allora di spostare realmente il baricentro per sentirsi meno centrati su se stessi e sulle proprie scelte, per cogliere l’altro ed il diverso. E’ il tema fondamentale della educazione, senza etichette precostituite. “Educare: non perdere di vista questa parola che ci stanno rubando, come tante altre”. Quanti progetti di educazione alla legalità: sembrano essere diventati il lasciapassare per tacitare tante coscienze, … talvolta prive di scrupoli. Abituiamoci alla educazione alla responsabilità, per richiamare tutti al dovere, al baricentro spostato, al dover render conto agli umili della unilaterale distribuzione della ricchezza, di quanto abbiamo sprecato e di quanto abbiamo tolto illegittimamente. Gli umili i primi; diversità non avversità. 
Una ulteriore provocazione: anche il cercare Dio per incontrare le persone può essere un errore, il percorso della CASA (di tutte le comunità) è quello di cercare le persone per incontrare DIO. “Non mi importa sapere chi è Dio, mi basta sapere da che parte sta”. L’indignazione senza la restituzione della dignità alle persone non ha nessun valore, non produce frutti. 
La cultura dà la sveglia alla coscienza; conoscere è uguale ad amare. Bisogna trovare spazi per pensare. Trasformiamoci tutti in un legame di speranza. “Non dire sulla pace soltanto mezze parole; ce lo vieta il Vangelo”. Intanto il sole era tramontato ed un sottile vento freddo ha chiuso la giornata, indimenticabile per gli ospiti della CASA e per chi intende affrancarsi dalle illibertà.

LA CASA

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