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QUEL FRAMMENTO DI CROCE CHE PARLA DI VITA

Intervista a cura di Renato Brucoli


Una data: 14 giugno 1987. Un nome: Franco. Sulla parete, un graffito. E' il segno di una festa, di un ritorno: dalla morte alla vita. Ultimato il programma terapeutico, Franco lascia la C.A.S.A. per rientrare definitivamente in famiglia. Una speranza diventa realtà.

Nel refettorio, sulla parete di fondo, un crocifisso di legno tenero. Povero. Nudo come l'abbraccio orizzontale del Cristo. Spezzato, nel suo verticalismo di ritorno, da mano d'uomo. E al posto del frammento mancante, il tracciato di una penna a spirito. Una data: 14 giugno 1987. Un nome: Franco. Non un graffito come tanti. E' il segno di una festa, di un ritorno: dalla morte alla vita. E' il sacramento di una riconciliazione con Dio e con gli uomini. Il 14 giugno 1987 è stata una data storica per la C.A.S.A.: ultimato il programma terapeutico, terzo fra i giovani ospitati, Franco ha lasciato la comunità per rientrare definitivamente in famiglia, il tunnel della droga alle spalle.

Puoi dirmi cosa hai provato? Cosa ha rappresentato per te quel momento? 

Sinceramente non me lo sarei mai aspettato un giorno come quello. Sono entrato in comunità che stavo proprio male: non credevo in me stesso, negli altri. Oggi sono cambiato. E' diversa, ad esempio, la mia visione della vita. 'Perciò ho avuto modo di gioire, e con me i miei genitori e quanti altri hanno cara la mia esistenza. 


Quali difficoltà ha comportato il passare da un ritmo di vita comunitaria ad uno ,di presenza familiare, di impegno lavorativo? 

Intanto vorrei spiegarti che la mia famiglia non è più quella di prima: bene o male i miei genitori hanno fatto un cammino con me. 
La comunità aiuta anche in questo: a cambiare modo di pensare, di comportarsi. Oggi in famiglia c'è più dialogo, non la disperazione, il mutismo di ieri. Se ho un problema, lo manifesto e insieme lo affrontiamo. Può sembrare cosa di poco conto, ma ti dirò che questa modalità è spesso decisiva. 
Nell'ambiente esterno, nella società, poi, non è cambiato nulla. L'ho ritrovata come quando sono entrato in comunità. Ti dico che la società è la stessa, però sono cambiato io ed il mio modo di affrontarla. 


In che senso? 

Prima mi lasciavo travolgere da quanto sperimentavo di negativo, ora cerco di cogliere soprattutto gli a spetti positivi del reale. Ed anche dei risvolti deteriori non rimango succube ma, per quanto mi è dato, mi propongo di affrontarli e superarli. Nell'inserimento sociale mi è poi d'aiuto il lavoro : faccio un po' il muratore, un po' il catramista, In realtà mi arrangio, ma ciò che più conta è il guadagnar mi il pane quotidiano. Anche in questo la comunità mi ha aiutato, perché mi ha fatto capire il valore del lavoro ed ha affinato le abilità oggi richieste nel suo svolgimento. 


Ora che sei fuori, continui ad incontrarti con quanti, come te, hanno ultimato il programma terapeutico?

Sì, certo, siamo rimasti tutti ottimi amici. Alfonso, ad esempio, è venuto a casa al mio compleanno e l'abbiamo festeggiato insieme. Ora gioisce per me come io ho gioito per lui nel momento in cui ha varcato la soglia della comunità per essere restituito alla vita familiare e sociale. Ma in realtà continuo a sentirmi legato, e non soltanto da un punto di vista affettivo, a tutta la C.A. S.A., a quanti la abitano e la animano, e non escludo, in seguito, di poter dare una mano anch'io nel sostenerla. Sono stato per tanto tempo per la strada ma la vita vera l'ho conosciuta in comunità. Lì ho appreso ad esse re responsabile nei miei confronti e verso gli altri. Continuare in questa crescita è il mio unico progetto per il futuro. 


Se trovassi qualcuno già incontrato alla C.A.S.A. ed oggi ancora per la strada perché incapace di risolvere i problemi legati alla propria tossicodipendenza, cosa diresti, quale messaggio lanceresti? 

Guarda, proprio ieri ho incontrato Tommaso. So che quando si esce dalla comunità senza aver risolto i problemi che ti ci hanno indirizzato, ci si sente molto giù, si ha la percezione di non potercela mai fare a cambiar vita. Anch'io sono andato via per ben due volte. Per questo ho detto a Tommaso: «Non conta quante volte sei caduto, ma la forza che hai nel rialzarti. Puoi cadere anche cento volte e poi farcela: devi avere solo la forza di rialzarti. Hai già rinunciato tante volte a cambiare; ma, se ti rialzi ancora, ce la fai», Questo gli ho detto. Questo coraggio ho imparato in comunità. 


Uscendo dalla C.A.S.A. al termine del programma terapeutico, hai portato via con te un frammento di croce e, al suo posto, hai scritto il tuo nome. Che significato ha, per te, quel gesto? 

Il 14 giugno, quando mi sono congedato dalla CASA, ho ricevuto parecchi doni ma quel frammento di croce è stato il regalo più bello. Mi ha richiamato alla· mente una frase scritta nel Progetto terapeutico: « Amare al di là dei conti non pagati, delle promesse non mantenute». E' grazie a questo amore gratuito, incondizionato, lo stesso del Cristo crocifisso per l'umanità, che risulta possibile ogni salvezza. Così anche nella mia esperienza: se non avessi incontrato questo tipo di amore non avrei ricominciato un cammino di vita vera perché rigenerata e autenticamente aperta agli altri.
Da Luce e Vita, 5 luglio 1987, Anno 63°

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