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UNA SPINA NEL CUORE

La testimonianza di una madre...


Mi dica, signora, in quale momento ha avuto certezza della tossicomania" di suo figlio? 

E' accaduto l'anno scorso, in giugno. Il clima si era fatto ormai estivo e mio figlio ha messo una maglietta a maniche corte: gli ho visto le braccia completamente bucate. Ho pianto di disperazione. Qualche sospetto però lo avevo già avuto in precedenza a giudicare dallo stato di torpore, di sonnolenza, di inappetenza che lo caratterizzava. Ha poi ammesso di bucarsi da due anni e di aver fatto uso prima ancora di hashish e marijuana. Ora ha 19 anni, quindi ha iniziato a 15. Qualcosa avevo già capito da allora: mi lasciavano perplessa certe compagnie capaci di condizionarlo, di sviarlo, certi orari ritardati nel rientro a casa ... ma lui ha sempre negato, e al rimprovero ha risposto spesso con la incomunicabilità più netta. E poi, come accorgersi dai segni esteriori se un'iniezione di eroina è possibile farla anche sui piedi?
Pensa che la sua famiglia abbia avuto delle responsabilità nel cedimento di suo figlio? 

Sinceramente non credo perché in famiglia non c'è mai stato un vero clima di tensione, di lacerazione, di conflitto che potesse indurre mio figlio ad una reazione di quel tipo. Piuttosto penso che il ragazzo abbia sofferto molto per la perdita del posto di lavoro: dopo due anni di scuola professionale ha lavorato per qualche tempo in una marmeria, guadagnando circa 20.000 lire al giorno. Era molto contento, Poi non hanno più avuto bisogno di lui. E' stato allora che si è lasciato andare, bucandosi forse anche 2 o 3 volte al giorno. 1.0 ho cercato di aiutarlo, Ho provato a trovargli un altro lavoro. Ho chiesto a chiunque, proprio a tutti, ma nessuno ha potuto o voluto darmi ascolto. 

Dopo la prima reazione, che immagino di smarrimento se non proprio di disperazione, cosa ha deciso di fare? 

In un primo momento ho cercato di dissuaderlo. Ho tentato di spiegargli a quali rischi stava sottoponendo la sua e la nostra esistenza. L'ho persino supplicato di desistere, piangendo prostrata ai suoi piedi. Lui non ha ammesso ragioni, né dialogo. Il nostro rapporto ha forse anche subito una profonda lacerazione affettiva. Mancandogli la "roba", diveniva furioso, persino violento, Allora ho capito che l'atteggiamento più importante consisteva nell'assumere una linea di fermezza, capace di evitare, a costo di usare comportamenti dolorosi, qualsiasi compromesso con :la sua tossicomania. Non ho quasi mai aderito, ad esempio, alle sue frequenti richieste di danaro, specie per le somme più esose. Una sola volta gli ho dato retta, quando mi ha raccontato di essere stato minacciato di vita da uno spacciatore per un debito di 550.000 lire. Gli ho dato quel danaro strappandogli la promessa che, saldato il debito, ne sarebbe definitivamente «uscito». Solo più tardi ho compreso. che si era trattato di un pietoso espediente per acquistare altre dosi di eroina. 

Com'è riuscito allora a continuare a bucarsi senza la sua complicità economica? 

Sono purtroppo consapevole che mio figlio deve aver rubato, scippato e forse anche, per piccole dosi, spacciato sostanze stupefacenti per procurarsene altre gratuitamente. Nel mese di agosto dello scorso anno è andato via di casa trascorrendo alcune giornate a Roma: non mi meraviglierei se, in quella circostanza, avesse fatto da corriere nel trasporto di droga verso la capitale. 

E lei, spettatrice inerme? 

Non proprio. Ho vissuto un dramma interiore dì grandi proporzioni che credo mi abbia anche un po' indebolita sotto il profilo psichico. Tuttavia ho sempre cercato di reagire, talvolta con atteggiamenti di durezza, sempre preoccupandomi di sottoporre mio figlio ad una vigilanza assidua. L'anno scorso, ad esempio, imbottitosi di sostanze, è caduto rovinosamente riportando un trauma cranico. E' rimasto per un mese in ospedale. Ho pensato che era l'occasione buona per non perderlo un solo minuto di vista. Mi crede se le dico che sono venuti a portargli la droga in ospedale? Alcune volte hanno provato in camera, mai io cacciavo tutti, chiunque arrivasse, tanto che mio figlio è andato in crisi d'astinenza. Poi non più, con mia grande sorpresa. Ho scoperto in seguito che gli lasciavano la droga in bagno. Così è forse accaduto anche presso l'Ospedale civile di Bisceglie, dove è rimasto ricoverato per un'epatite. 

Da quanto tempo la storia di suo figlio ha 'iniziato a colorarsi di speranza? 

Da circa tre mesi; da quando, cioè, ha deciso di «uscirne», Una sera è tornato a ,casa esagitato, in lotta con se stesso: «Loro, hanno delle auto, delle ville - diceva, alludendo evidentemente ad alcuni spacciatori - e noi corriamo verso il furto, il carcere, e forse la morte ». Così io, che nel frattempo, grazie alla segnalazione di persone amiche, avevo assunto contatti con i validissimi operatori dell'Associazione Famiglie dei Tossicodipendenti situata in Bari al n. 140 di Via Carulli, ho iniziato ad accompagnarlo al colloquio settimanale da questi esperti. Il cambiamento mi è parso repentino. Il ragazzo ha finalmente ripreso il dialogo in famiglia. Grazie anche all'aiuto morale. di altri operatori del mio stesso paese, ora sta sicuramente «scalando» cìoè riducendo la quantità di eroina che assume. A giorni, per interessamento dell'Associazione già citata, sarà accolto dalla comunità terapeutica «Incontro» di Roma, con il fermo proposito di superare questa triste storia. 

Nel suo animo cosa rimane di questa lunga e sofferta vicenda? 

Oltre l'amarezza, un sentimento di profonda gratitudine per quanti mi hanno aiutata concretamente: operatori, sacerdoti, volontari, lo stesso Assessorato ai Servizi Sociali del mio Comune, che contribuirà al pagamento della retta mensile - circa 600.000 lire - necessarie per la accoglienza di mio figlio presso la Comunità «Incontro» di Roma. Senza queste solidarietà avrei potuto fare ben poco. Presso l'Associazione Famiglie dei Tossicodipendenti di Bari ho incontrato genitori disperati, con figlie che hanno ammesso di essersi prostituite pur di reperire il danaro per drogarsi. So peraltro che nel mio stesso paese ci sono non meno di 20 ragazzi o ragazze eroinomani. Così la tragedia di mio figlio rischia di continuare in altri.
Intervista raccolta da Renato Brucoli
da Luce e Vita, 30 settembre 1984, Anno 60°

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